Condensatori elettrolitici

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CONDENSATORI ELETTROLITICI

Per disporre di condensatori ad elevata capacità, l'industria settoriale ha prodotto i ben noti condensatori elettrolitici, i quali si distinguono dai modelli fin qui analizzati per essere dei componenti polarizzati. Ma spieghiamoci meglio. I condensatori a mica, ceramici, a carta ed altri ancora, sono dotati di due reofori, ovvero di due fili conduttori o terminali diversamente realizzati, che consentono il collegamento del componente nei circuiti utilizzatori. Sotto l'aspetto pratico, dunque, la loro applicazione non richiede particolari attenzioni, così come si usa fare con le resistenze. Nello schema di figura 1, il filo 1 è stato collegato al morsetto positivo della pila, ma nulla sarebbe cambiato, sotto il profilo elettrico, se i due fili 1 - 2 fossero stati scambiati fra loro. Ecco quindi cosa significa, in realtà, l'espressione "condensatore non polarizzato", con la quale vengono definiti i componenti fin qui esaminati. I condensatori elettrolitici, invece, sono elementi polarizzati, ossia dotati di un terminale positivo e di uno negativo, che debbono essere tenuti nella massima considerazione quando il componente viene montato in un circuito utilizzatore.

                                                  C1                            C2

                  

C3

Fig. 8 - Sulla sinistra è riportato il simbolo elettrico del condensatore elettrolitico. Sulla destra sono raffigurati tre modelli comuni di condensatori elettrolitici, quelli a montaggio verticale (C1 - C2) con le indicazioni delle polarità dei terminali e quello utilizzabile orizzontalmente. In quest'ultimo si nota come il terminale positivo rimanga elettricamente isolato dall'involucro metallico esterno del componente. 

Sulla sinistra di figura 8 è riportato il simbolo elettrico del condensatore elettrolitico, sulla destra della stessa figura appaiono alcuni modelli tra i più comuni attualmente in commercio: quello a montaggio verticale (C1), nel quale, su un lato, sono impressi i simboli della tensione positiva, quello simile (C2) con le sole indicazioni della tensione negativa e quello a montaggio orizzontale (C3) od assiale. In questi tre modelli il terminale positivo è completamente isolato, quello negativo è in contatto elettrico con il contenitore metallico esterno del componente. Per quanto riguarda la composizione interna del condensatore elettrolitico, facciamo riferimento alla figura 9, nella quale il componente è visto, in parte, attraverso una lente di ingrandimento.

Fig. 9 - Il condensatore elettrolitico può essere assimilato ad un condensatore piatto, composto da due fogli di alluminio (part. 1 e 4) di cui uno, nella sua faccia interna, è ossidato (part. 2); fra i due togli di alluminio è interposta una striscia di carta impregnata di una sostanza chimica, che prende il nome di "elettrolita". Gli elementi che compongono il condensatore sono: striscia dì alluminio internamente ossida­ta (1), faccia ossidata dei foglio di alluminio (2), carta impregnata di elettrolita (3), seconda striscia di alluminio (4), terminale positivo (5), terminale negativo (6).

Come è facile notare, il condensatore elettrolitico presenta una costruzione simile a quella del condensatore a carta illustrata in figura 5. Fra i due fogli di alluminio è inserito il dielettrico, impregnato di una sostanza chimica denominata "elettrolita conduttore". Una delle due facce interne di uno dei due fogli di alluminio è ossidata e, come è noto, l'ossido di alluminio rappresenta un buon isolante e realizza quindi, nel condensatore elettrolitico, un dielettrico molto sottile, che consente di raggiungere elevate capacità con ridotte dimensioni del componente. Si può così comprendere perché questi condensatori prendono il nome di elettrolitici. In essi infatti, pur essendo presenti due fogli di alluminio, la seconda, vera armatura è l'elettrolita e non il foglio di alluminio non ossidato. Costruttivamente, i due fogli di alluminio, fra i quali è interposto l'elettrolita, sono avvolti ed inseriti in un cilindretto contenitore, come indicato in figura 10. 

Fig. 10 - Vista in "esploso" di un condensatore elettroli­tico. Gli elementi che lo compongono sono: terminali positivo e negativo (1), tappo di gomma (2), contenitore di alluminio (3), condensatore vero e proprio ottenuto dall'avvolgimento delle due strisce di alluminio (4), ri­vestimento in plastica recante i dati elettrici e le polari­tà del componente (5).

 In corrispondenza con lo spessore di strato di os­sido isolante, i condensatori possono sopportare, impunemente, precisi valori massimi di tensione applicata agli elettrodi. Purtroppo, lo strato di ossido non è sempre uniforme e perfetto e deter­mina, in particolari condizioni, quali l'elevata temperatura o l'eccessiva tensione applicata fra le armature, la cosiddetta "corrente di fuga" del condensatore, che costituisce un parametro difficilmente valutabile, dipendente, in grande misu­ra, dal valore capacitivo e da quello della tensione. La disposizione interna degli elettrodi di un con­densatore elettrolitico è chiaramente illustrata in figura 11.

                                                                               Ossido   armat. 2  isolante

 

  Ossido   armat. 2  isolante 

 

Fig. 11 - Disposizione interna degli elettrodi di un condensatore elettrolitico. 11 dielettrico è rappresentato dalla superficie di ossido isolante.                             Concludiamo questo argomento ripetendo ancora una volta che gli elettrolitici non possono essere comunque inseriti nei circuiti utilizzatori, ma soltanto in rispetto delle loro precise polarità, come indicato nello schema a sinistra di figura 12.

  CORRETTO                                      ERRATO

  C       

Fig. 12 - L'elettrodo positivo del condensatore elettrolitico C deve essere sempre collegato con la linea di alimentazione positiva, come correttamente interpretato nello schema a sinistra. L'inversione delle polarità, effettuata nell'errato collegamento a destra, conduce alla rapida distruzione del componente.

L'inversione delle polarità conduce, in tempi più o meno brevi, alla distruzione del componente.  

Cosa fare con i vecchi condensatori elettrolitici

Dunque, prima di tutto parliamo di macchine con alimentatori di una certa potenza, ma sopratutto di macchine dove 
sono presenti condensatori di certe dimensioni.
Quando restano ferme per molto tempo, l'elettrolita presente all'interno dei condensatori tende sia meccanicamente a 
raccogliersi per gravita' nella parte bassa del condensatore, sia per chimica ad inattivarsi, un po' come una 
batteria (passami il parallelo non proprio da ing:)
Bene, anzi , male, se tu accendi una macchina che e' stata ferma 10 anni, e' molto facile che si guasti, perche' i 
condensatori o esplodono loro stessi, oppure creano un corto che ti fa saltare il ponte di diodi in ingresso o altri 
semiconduttori magari negli switching con preregolazione.
In questo caso la cosa migliore e' di alimentare con un trasformatore variabile (variac) per due motivi: primo 
perche' tenendo alimentato ad una tensione molto bassa rispetto alla rete per un po' di tempo, riformi i 
condensatori, un po' come caricare le batterie, secondo perche' in caso di danni, con il variac dai una tensione 
minore e limiti i danni, perche' se vedi fumo o funzionamento anomalo, abbassi subito o spegni.
Solitamente io quando accendo una macchina spenta da tanti anni, la alimento con una tensione di 20-30 anche 40 v, 
questo a seconda del circuito, per una mezzora, ma anche per due o tre ore, qui va ad esperienza anche, se conosci 
il circuito, sai che condensatori monta. Ad esempio gli alimentatori dei sistemi ibm vecchi, montano capacita' molto 
grandi, quindi le due ore sono ottime. Un alimentatore di una workstation come una vecchia apollo, in 20 minuti e ' 
a posto.
Fatta questa prima fase di riformatura, alzi la tensione piano piano ed osservi la lancetta degli ampere , cosi' se 
sale troppo , sei in tempo a spegnere ancora prima di sentire l'odore :))
Il discorso della lampadina era relativo al fatto che mica tutti hanno un laboratorio ed un variac. Meglio di niente 
si puo' mettere una normale lampada da 220V di opportuna potenza in serie alla macchina, cosi' la tensione si 
ripartisce tra le due utenze, per cui ti ritrovi in pratica l'effetto della macchina alimentata a tensione piu' 
bassa. Qui devi giocare sulla potenza della lampada, per decidere quanta corrente far scorrere nella tua 
apparecchiatura.
E' un sistema piu' rozzo ma ti assicuro che salva la classica fumata o sciopata quando accendi

Note sulla riformazione degli elettrolitici (in inglese)