




Saper creare tecnologie è uno dei più fondamentali caratteri distintivi della specie umana. Eppure, oggi il nostro rapporto con la tecnologia – soprattutto se nuova – non è sereno. Solo in pochi casi è veramente positivo, e in molti è ostile. Nella maggior parte dei casi, infatti, è ambivalente perché oscilla fra speranza e timore. Speranza che la tecnologia risolva un problema che ci affligge, timore che ci porti via qualcosa o ci costringa a vivere come non vogliamo. Questa ambivalenza provoca una tensione costante, un disagio che si manifesta nei nostri atteggiamenti pubblici e privati verso questa o quella tecnologia.
Se però proviamo a scavare un po’ più a fondo, scopriamo che il problema nasce quando la tecnologia, invece di adattarsi a noi, cerca di adattare noi a lei. A volte è davvero così, in altre è solo il frutto di una nostra percezione.
Ma quanta consapevolezza abbiamo del fatto che il problema è nella natura “umanizzante” o “disumanizzante” della tecnologia, o nell’uso che di essa facciamo, oppure semplicemente nell’idea che ce ne siamo fatta? Che cos’hanno invece di speciale le tecnologie “a misura d’uomo”? E poi, quali sono i limiti della “dimensione umana”?
Happy Tech vuole esplorare il nostro rapporto con le nuove tecnologie partendo dal lato positivo, aiutandoci a mettere a fuoco che cosa davvero vogliamo dalla tecnologia e dobbiamo chiederle. Vuole cioè concentrarsi su tecnologie e su modi di rapportarci con le tecnologie che rispondono al requisito di essere “a misura d’uomo”.
Ma che cosa vuol dire “a misura d’uomo”? Vuol dire tecnologie che in qualche modo estendono la nostra natura, cioè permettono, abilitano, sviluppano e potenziano quelle caratteristiche, capacità, aspirazioni, che consideriamo fra le migliori e le più umane appunto: rispetto delle persone, voglia di comunicare, socializzare, esprimersi, imparare…